Ogni anno, puntuale dall’8 dicembre al 7 gennaio entro in modalità Grinch (eh si! È peggio della modalità Simona Ventura!) un velo di tristezza interiore si diffonde, pervade il mio corpo e la mia anima e fa a pugni con le canzoncine, le luci, i colori e l’atmosfera della città vestita a festa.
Dicono che sia un fenomeno abbastanza frequente. Gli esperti, (che riescono a dare un nome a qualsiasi cosa), lo chiamano “Christmas Blue”, ovvero “Malinconia da Natale” e adducono giustificazioni biologiche, scientifiche, genetiche, psicologiche e ovviamente ETICHE a questo fenomeno.
Le mie ragioni non sono proprio NOBILI, anzi forse sono pure un tantino egocentriche.
Per me il Natale rappresenta tutto quello che “avrebbe dovuto essere” ma che “non è mai stato”. Rappresenta le delusioni inflitte e quelle subite, le promesse non mantenute, le aspettative disilluse. Il Natale, è il simbolo del tempo che passa. Il Natale è una specie di segnalibro dei ricordi. I Natali trascorsi sono punti fermi in una marea di anni che freneticamente vanno. VELOCI. Troppo Veloci.
Penso ai miei “Natali di bambina” quando tutto era ancora un sogno, una favola, una continua sorpresa. Penso alle notti quasi insonni cercando di “sgamare” Gesù Bambino (NO! non era Babbo Natale…) mentre posava i regali sotto l’albero.
Penso a mio padre che ci svegliava all’alba. Mi ricordo che mezza addormentata ciondolavo verso quei pacchetti colorati a passi incerti, col pigiamino e la vestaglia, i capelli arruffati. (mmmh.. in questo non sono cambiata molto!!).
Ero felice perché in quella notte Gesù Bambino si era ricordato di ME! Tutto mi riempiva il cuore e tutto mi meravigliava!
Il regalo più bello mai ricevuto: una SCATOLA DI METALLO piena di caramelle, con il coperchio chiuso da un lucchetto, decorata con due bambine stile Holly Hobbie, sedute su una panchina, serenamente intente a scrivere biglietti d’auguri nonostante stesse nevicando. Sembrava persino di poter ascoltare quel silenzio. Non osavo toccarla e stavo lì incantata a guardarla. Mi sembrava impossibile che potessero esistere cose così belle!
Fare l'albero era una specie di rito... aprire le scatole polverose con le decorazioni… odoravano di soffitta! Lo facevamo sempre io e mio padre… mio fratello era troppo grande!!
Sistemavamo l’albero sul suo piedistallo di metallo verde decorato con piccoli abeti. Si aprivano per bene tutti i rami. Per prima si montavano le luci. Tutte colorate. Anche loro sempre le stesse da sempre, e forse anche nelle stesse posizioni. Sistematicamente non funzionavano, come ogni anno, e allora si doveva cercare la lampadina rotta per sostituirla, passandole in rassegna tutte… una per una!
Poi era il turno dei fili d’argento in alto e di quelli dorati in basso (guai a mischiarli!!).
Infine le palline. Le scartavo una ad una e le passavo al babbo. Lui le appendeva perchè io non ci arrivavo! Quelle piccole in alto, quelle grandi in basso, quelle di vetro (che si rompevano solo a guardarle) davanti, quelle più brutte e scolorite dietro. Scatole e scatole piene di decorazioni, alla fine il verde dei rami nemmeno si vedeva più…. Ma il risultato era un CAPOLAVORO.
Il tocco finale era il puntale in vetro (quello lo mettevo io! Papà mi prendeva in braccio e io lo infilavo STORTO sulla cima!).
Ah! Dimenticavo i pupazzetti e le monete di cioccolato… ma questi erano destinati a NON vedere la luce dell'anno nuovo (parecchi nemmeno quella di Santo Stefano!! eheheh!)
Mi ricordo che passavo ore e ore a guardare le luci riflettersi sulle palline di vetro colorato. Lo faccio ANCORA.
E poi penso alla tavolata coi nonni, gli zii e i cugini. Eravamo sempre “la metà di mille”
Ognuno aveva un compito ben preciso. Mio padre e gli “altri uomini” pensavano al vino, la mamma e la nonna cucinavano per tutti, non c’era il BIMBI ma c’erano i cappelletti in brodo rigorosamente fatti a mano la settimana prima insieme a tutte le “donne del vicinato”, c’era la parmigiana di “gobbi” (i cardi) portati come tutti gli anni dalla zia di Roma, c’era l’arrosto “VERO” fatto con polli “VERI”, i crostini coi fegatini e quelli col tonno…
E poi c’era lui: il VOV! Adoravo il Vov ... ma essendo piccola mia padre me ne concedeva giusto una “lacrima”...ma... tanto… poi.. di nascosto ci pensavamo io e mia cugina a fare il BIS!!
Ricordo mio padre con i capelli neri e mia madre che sorrideva… TUTTI sembravano felici, ed IO ero felice, sicura che ogni Natale sarebbe stato sempre così…
E invece NO… quella magia piano piano è svanita. Penso ai posti vuoti lasciati dai nonni, ai posti vuoti lasciati troppo presto degli zii, vedo mia madre che NON sorride più come allora, vedo mio padre che ha gli occhi velati e i capelli tutti bianchi, guardo l’albero, è sfinito anche lui.. le palline di vetro NON ci sono più… e vedo ME stessa, strappata in due fra la serenità di trascorrere il Natale con le uniche persone che contano davvero, e il desiderio di starmene da sola sul divano, davanti ad un caminetto acceso, con la mia coperta preferita sulle gambe, in silenzio ascoltando solo lo scoppiettio della legna a guardare ANCORA le luci che si riflettono sulle palline e a pensare che avrei voluto essere migliore.
Elvis
- Blue Christmas









